Il mio obiettivo è creare piatti che semplicemente siano Passalacqua
Viviana Varese, Executive Chef
Nel settore della ristorazione ci sono praticamente nata. Negli anni '30 del Novecento, mio nonno aprì un locale a Salerno, il Bar Varese. Era sul lungomare, in una posizione davvero privilegiata, vicino al Teatro Verdi e ai giardini comunali. Facevano piatti – caldi e freddi – e servivano il gelato. Era il "caffè letterario" di Salerno, il posto chic dove recarsi per un aperitivo. Negli anni ’50, mio padre lavorava lì come cameriere, sui pattini a rotelle e in smoking bianco! In seguito avrebbe fatto anche il fotografo, e la sua camera oscura fu una delle prime in città a saper dominare il processo di sviluppo del colore. Poi però diventò allergico agli acidi degli agenti di sviluppo e tornò alla ristorazione, aprendo una tavola calda a Maiori, sulla Costiera Amalfitana, appena prima che io nascessi, nel 1974.
Poi, in seguito al devastante terremoto dell'Irpinia del 1980, che colpì profondamente l'economia di tutta la Campania, mio padre trasferì l’intera famiglia al Nord, a Lodi, dove aprì una serie di ristoranti e pizzerie. Io iniziai presto: a 13 anni, mentre andavo ancora a scuola, lavoravo già part-time come pizzaiolo, preparavo l'impasto ogni giorno, accendevo il forno. A 20 anni ero già un mastro pizzaiolo, a capo di una squadra di cinque uomini. Una cosa piuttosto insolita per una donna, a quei tempi, e in effetti ancora oggi. Quindi, dopo aver portato a termine alcuni tirocini in celebri ristoranti – in Italia e all'estero – mio padre venne a mancare e così mi ritrovai di nuovo a Lodi, ancora molto giovane, a gestire la pizzeria-osteria di famiglia.
"È stato allora che ho compreso che, se avessi voluto continuare a imparare e migliorare, avrei dovuto farlo nel tempo libero, usando il ristorante come luogo di sperimentazione e in cui applicare ciò che avevo imparato dai brevi corsi e dai pochi libri che riuscivo a trovare. "