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Nel cuore del bartending c’è un elemento di tradizione

Alex, il barman

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Sono nato e cresciuto a Moltrasio, poi ho girato il mondo per lavoro, andando ovunque ci fosse bisogno di un barista e potessi imparare. Non avrei mai pensato che il lavoro mi avrebbe riportato un giorno a Moltrasio, ma poi ha aperto Passalacqua, ed eccomi qui! Una cosa che ho capito di me stesso è che ho bisogno di vivere vicino all’acqua. Quando ero giovane, ogni mattina aprivo la finestra e vedevo il lago. Più tardi, quando sono andato a lavorare a Londra, non sopportavo di essere così lontano dal mare, e così sono fuggito a Brighton per trovarlo. Poi ho trascorso un paio d’anni sulle navi da crociera, con l’oceano tutto intorno a me.

A Moltrasio l’acqua non è solo una scenografia, ma è un elemento storicamente importante per l’economia della città: qui un tempo c'erano 13 mulini, tutti alimentati da ruscelli e torrenti che scendevano dalle montagne sopra il paese e fino al lago. C’erano anche cinque o sei cave, dove si estraeva a mano la famosa pietra da costruzione, la pietra di Moltrasio. È una pietra indistruttibile, di color grigio chiaro venato di bianco, che diventa meravigliosamente scura sotto la pioggia. Non è necessario andare lontano per vederla, dal momento che tutto a Passalacqua è in pietra di Moltrasio, compreso il passaggio sotterraneo segreto che dalla villa conduce fino al lago. Quando lo attraversi, osserva attentamente le pareti e il soffitto: ogni blocco è così ben squadrato che ti chiedi come abbiano fatto a realizzarlo duecento anni fa. Non è una pietra facile da lavorare, ci vuole molta cesellatura.

Moltrasio ha uno spirito civico molto speciale, anche per un paese come l’Italia che è pieno di comunità locali orgogliose. Basta visitare la Cooperativa Moltrasina per rendersene conto: è una sorta di incrocio tra un negozio, un bar, un circolo sociale e una società di mutuo soccorso che esiste da centoventi anni ed è fiorente ancora oggi. L'hanno ristrutturata qualche anno fa, senza tradire l'aspetto vintage, e ospita concerti ed eventi culturali. Al loro ristorante, la trattoria La Moltrasina, si mangia molto bene.

"Un buon barista deve sapere tutto sui liquori e sui mixer. Ma deve essere anche un bravo psicologo."

La scena dei bar e dei cocktail evolve molto velocemente, e le schiume sono la cosa più importante, in questo momento. Ma ad essere sincero, credo che nel cuore del bartending ci sia un elemento di tradizione che nessuno cambierà mai. Prendiamo ad esempio il Negroni. La storia ufficiale è che sia stato inventato a Firenze dal conte Camillo Negroni, nel 1919. Ma non è venuto dal nulla: è un'evoluzione dell'Americano, che a sua volta è un'evoluzione del Milano-Torino, un cocktail che risale agli anni '60 dell'Ottocento. Il conte Camillo non fece altro che chiedere a un barista di sostituire nel suo Americano la soda con il gin: si potrebbe dire che il Negroni sia stato in gestazione per sessant'anni. Ne passeranno altri cinquanta prima che un barman di Milano crei il Negroni Sbagliato, nel 1972, sostituendo il gin con lo Spumante Brut. Da allora nessuno ha più immaginato una variante Milano-Torino che abbia preso piede. Ci sono nuove mode ogni stagione, ma in ogni secolo sono pochi i nuovi cocktail in grado di diventare classici.

Un buon barista deve sapere tutto sui liquori e sui mixer. Ma deve essere anche un bravo psicologo. Adoro la sfida di scoprire cosa motivi le scelte di un ospite e per cosa viva veramente. Bisogna avvicinarsi con delicatezza e provare strade diverse, per sciogliere quel nodo che si ha in testa. Ho avuto clienti molto taciturni ma che, una volta trovata la chiave giusta, non riuscivano più a smettere di parlare. Mi è successo anche di recente, con un signore incredibilmente timido: quando ho trovato l'argomento magico sul quale conversare, tutto è andato a meraviglia. E a sua moglie, venuta a cercarlo ore dopo, ha detto: "Non vedi che sto parlando con Alex?".

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